Passeggiando sul Lungarno Amerigo Vespucci, il palazzo in cui sorge l’Hotel Principe si fa notare per la sua bella facciata decorata da greche eleganti sotto la gronda e per le volute laterali di pietra che ornano sia il portone che le finestre. È un palazzo dalle linee armoniose ma solide, tipiche della seconda metà dell’Ottocento, eppure non è imponente come gli altri che si trovano nella stessa via,pgslot tutti costruiti intorno al 1853, anno in cui venne inaugurato questo lungofiume allora chiamato “Lungarno Nuovo”. Secondo gli esperti, la mole ridotta della palazzina dipende dal fatto che probabilmente venne eretta alcuni anni dopo le altre della zona, sfruttando uno spazio ristretto che era stato lasciato a giardino tra un edificio e l’altro.
E a quanto pare la palazzina fu costruita per amore: si dice infatti che quando Firenze divenne capitale d’Italia, dal 1865 al 1871, re Vittorio Emanuele II l’abbia fatta erigere per ospitarvi la sua favorita, Rosa Vercellana, detta in piemontese la bela Rosin. pgslot Ufficialmente gli alloggi della donna erano a Villa la Petraia, una splendida villa medicea situata nella campagna fiorentina di Castello, nei dintorni di Firenze, e oggi inserita nel Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, ma ci piace pensare che la sua residenza cittadina fosse qui. Il palazzo dove oggi sorge l’Hotel Principe, infatti, non era poi molto lontano da Palazzo Pitti, dove risiedeva il re, e per di più si trovava in un quartiere ai tempi tutto nuovo.
Il fatto che Firenze fosse diventata capitale d’Italia aveva infatti dato il via a una serie di grandi lavori pubblici che cambiarono il volto della città: il suo aspetto doveva passare da medievale a moderno,pgslot in linea con le grandi capitali europee, perciò l’architetto Giuseppe Poggi fece abbattere parte delle mura antiche e delle case dei quartieri popolari, realizzando i viali di Circonvallazione, il viale dei Colli, il piazzale Michelangelo e appunto i Lungarni.
Se oggi l’Hotel Principe sorge in una splendida posizione in riva all’Arno, quindi, lo dobbiamo ai pochi anni in cui Firenze fu capitale e forse anche all’amore di Vittorio Emanuele II per la bela Rosin.
Testi: Francesca Cosi e Alessandra Repossi
Fotografia: Archivio Hotel Principe